Marchi deboli e rischio di confusione: il Tribunale di Venezia sul settore arredamento

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Il Tribunale di Venezia, con sentenza n. 4376 del 19 settembre 2025, si è pronunciato sul rischio di confusione e sulla distintività di un marchio costituito da una parola di uso comune (cioè “abita”) nel settore dell’arredamento.

Il Tribunale ha ricordato che la confondibilità dipende dall’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti/servizi: è sufficiente che il pubblico possa associare i marchi a imprese economicamente collegate, senza che sia necessario ritenere che provengano dallo stesso produttore.

La valutazione si basa sull’impressione complessiva dei marchi da parte del consumatore medio, il quale confronta il segno osservato con il ricordo imperfetto di altri marchi, tenendo conto del grado di attenzione tipico nel settore.

Quanto alla distintività, il Tribunale ha richiamato l’orientamento consolidato secondo cui un marchio possiede capacità distintiva direttamente proporzionale alla propria distanza dal collegamento logico tra segno e prodotto. Un marchio debole, costituito da termini di uso comune o semanticamente legati al prodotto, ha una tutela attenuata: infatti, anche lievi modifiche possono escludere il rischio di confusione.

Inoltre, la valutazione della distintività considera non solo le caratteristiche intrinseche del marchio al momento della registrazione, ma anche l’uso effettivo, la quota di mercato, l’estensione geografica, la durata e gli investimenti promozionali realizzati.

Applicando tali principi al caso di specie, la parola “abita” è stata qualificata, con riferimento a prodotti/servizi nel settore dell’arredamento, come marchio debole, con conseguente tutela limitata contro segni simili.

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