La notorietà non basta
Lo scorso 10 settembre il Tribunale dell’Unione Europea ha annullato la risoluzione della Commissione dei Ricorsi dell’Ufficio per la Proprietà Intellettuale dell’Unione Europea (EUIPO), con la quale tale ultima Commissione condivideva le argomentazioni di Industria de Diseño Textil, SA (Inditex), titolare del noto marchio denominativo “ZARA”, dirette contro la registrazione della domanda di marchio figurativo “PASTA ZARA SUBLIME”, depositata dall’italiana Ffauf Italia S.p.A. avanti all’EUIPO.

La Commissione dei Ricorsi ha, in particolare, valorizzato il motivo unico di ricorso proposto dall’opponente Inditex, vertente sulla violazione dell’art. 8, paragrafo 5, del Regolamento comunitario n. 40/94, applicabile ratione temporis al caso in esame, a tutela del marchio rinomato anche con riguardo a prodotti non simili, laddove dall’uso del nuovo marchio sia possibile trarre un indebito vantaggio in ragione della notorietà del marchio preesistente o danneggiarne la reputazione. Può, dunque, affermarsi che la vicenda sia fortemente paradigmatica, tanto con riferimento al fenomeno del free riding quanto a quello della diluizione della capacità distintiva di un marchio.
Secondo l’articolo 8, paragrafo 5, del Regolamento comunitario n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2 della medesima disposizione, la registrazione del marchio depositato posteriormente è esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio dell’Unione Europea anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nella Comunità o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e, al contempo, l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio allo stesso.
Nella fattispecie, l’opposizione proposta da Inditex era stata accolta sul presupposto – e in ragione – dello stato di rinomanza di cui gode il marchio “ZARA”. Rinomanza tale, ha reputato la Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO, da garantirgli una tutela ultramerceologica, prescindente, cioè, dal rischio confusorio e, quindi, dalla diversità dei prodotti (segnatamente, paste alimentari) contrassegnati dal marchio richiesto.

Come sopra anticipato, il Tribunale UE non ha pienamente condiviso tale impostazione e, in accoglimento parziale del ricorso proposto da Ffauf Italia S.p.A., ha posto l’accento sulla mancanza di un nesso – sul piano dei prodotti designati – tra i due marchi in conflitto e sull’assenza di un indebito vantaggio in conseguenza dell’uso in commercio del segno richiesto, ancorché esso contenga un elemento verbale coincidente con il noto marchio di titolarità di Inditex.
Il Tribunale osserva, in particolare, come la nozione di «giusto motivo» non può comprendere unicamente ragioni oggettivamente imperative, ma può anche collegarsi agli interessi soggettivi di un terzo che utilizza un segno identico o simile al marchio notorio. Coerentemente con la ratio ispiratrice del Regolamento n. 40/94, il «giusto motivo» contempera la posizione soggettiva del titolare del marchio anteriore – secondo un’impostazione, per così definirla, proprietaria – e l’interesse del terzo a poter utilizzare tale segno per contrassegnare i prodotti e i servizi che commercializza. Secondo il Tribunale UE, l’uso ad opera di un terzo di un segno simile a un marchio anteriore notorio ben può essere assistito da «giusto motivo», laddove sia comprovato l’uso in buona fede di tale segno da data antecedente al deposito del marchio notorio.
Inoltre, il Tribunale rileva come, con riguardo al grado di prossimità tra i prodotti di cui trattasi, i prodotti di moda contrassegnati dal marchio notorio e le paste alimentari, oggetto del marchio richiesto, non abbiano nulla in comune, non siano, cioè, né complementari, né concorrenti e generalmente proposti da società diverse, operanti in settori diversi.
Il Tribunale reputa, altresì, come debitamente comprovato l’uso di segni contenenti l’elemento denominativo “pastaZARA” per la commercializzazione dei prodotti della ricorrente prima del deposito del marchio anteriore, vale a dire il 3 luglio 2001. Il Tribunale ha, inoltre, accolto, in quanto conferenti, le affermazioni della ricorrente relative alla buona fede di tale preuso. Emerge, infatti, che l’uso del nome “Zara” da parte della ricorrente richiama l’origine della sua attività nella città di Zara risalente agli anni ’30 e che la ricorrente aveva già utilizzato segni contenenti il nome «Zara» per designare paste alimentari o prodotti simili, in particolare in Europa, prima della data di deposito del marchio anteriore nel 2001. Tale ricostruzione, cui era pervenuta la stessa Commissione dei Ricorsi, non è stata contestata.
Secondo l’apprezzamento formulato dal Tribunale UE, non risulta, infine, che la nozione di «giusto motivo» sia subordinata alla constatazione di un livello specifico di riconoscimento del segno in questione, ad un determinato livello di investimenti ed a sforzi promozionali o al godimento di una quota di mercato. È principio consolidato in giurisprudenza che l’accertamento dell’esistenza di un «giusto motivo» rientra in un esame globale di tutti i fattori pertinenti, che mira a stabilire se il segno in questione sia stato effettivamente utilizzato sul mercato prima del deposito del marchio notorio e se tale uso fosse in buona fede.
Il Tribunale UE annulla, dunque, la decisione della Commissione dei Ricorsi, reputando comprovata la sussistenza di un «giusto motivo» per l’uso dell’elemento verbale “pastaZARA” da parte di Ffauf Italia S.p.A.




