Un tour da più di cento date già archiviate ed una serie di show in calendario, con conclusione prevista per il mese di dicembre e uno sbarco a Milano il 13 e il 14 luglio prossimi. I riflettori del mondo sono ormai, da tempo, puntati costantemente su Taylor Swift. La cantautrice e compositrice statunitense, che ha recentemente acquisito lo status di miliardaria grazie ai soli ricavi ottenuti attraverso la propria musica, è da sempre al centro dell’attenzione dei media non soltanto per la sua longeva carriera – l’esordio è avvenuto ben diciotto anni fa – ma anche per le relazioni intessute con personaggi dello show business. Di grande interesse per gli esperti di proprietà intellettuale, peraltro, è stato il processo di cosiddetto “re-recording” dei primi sei album, rilasciati nel periodo di validità del contratto firmato con l’etichetta discografica Big Machine Records quando Swift era ancora minorenne, di cui quattro hanno già rivisto la luce, pubblicati con l’indicazione di “Taylor’s Version” (di cui abbiamo parlato qui).
Tale segno, insieme ad una molteplicità di altri, è stato oggetto di una serie di domande di marchio presentate dinanzi allo United States Patents and Trademarks Office (USPTO) da parte della società TAS Rights Management LLC con sede in Tennessee, la quale, come dimostrato dalle iniziali dell’artista nella denominazione sociale, si occupa di tutelare i segni distintivi riconducibili alla persona fisica Taylor Alison Swift. Tali domande, che riguardano sia i segni denominativi sia i segni figurativi che si ritrovano sulle copertine degli album, rivendicano una molteplicità di prodotti e servizi in varie classi appartenenti alla Classificazione di Nizza.
Tuttavia, la vicenda più recente non riguarda uno dei marchi di titolarità della suddetta società, bensì una domanda di marchio presentata in data 27 dicembre 2023 da parte del Sig. George Barrows, residente in California, la quale mira a richiedere la tutela conferita dalla registrazione di marchio al segno denominativo “TayVis”, con rivendica di “abbigliamento e accessori” in classe 25. Particolarmente interessante è il fatto che sia giunta, da parte dell’Office of the Deputy Commissioner for Trademark Examination Policy, una cosiddetta “Letter of Protest” indirizzata all’esaminatore competente per la verifica dei requisiti essenziali nel contesto dell’esame formale della domanda, sulla base del fatto che la registrazione del marchio potrebbe portare ad una “possibile falsa associazione […] con Taylor Swift e Travis Kelce”. È nota, infatti, la relazione sentimentale che lega l’artista al giocatore numero 87 dei Kansas City Chiefs, la squadra di football americano che ha trionfato nell’ultimo Super Bowl.
Nella Letter of Protest, si evidenzia come la parola “TAYVIS” sia stata utilizzata da una molteplicità di testate, tra cui il Los Angeles Times, come crasi dei nomi “Taylor” e “Travis”, per riferirsi alla coppia. Di conseguenza, vengono allegate alla comunicazione varie stampe con lo scopo dichiarato che l’esaminatore le prenda in considerazione nella propria analisi ai fini di un possibile rifiuto. Occorre osservare, infatti, come la natura della Letter of Protest non implichi una determinazione, da parte dell’Ufficio, in merito alla registrabilità della domanda, bensì serva esclusivamente a porre all’attenzione dell’esaminatore circostanze da considerare nel contesto di emissione – o meno – di un provvedimento di rifiuto.
La possibilità che il marchio possa indurre in errore il pubblico, a titolo di esempio in relazione alla natura, alla qualità o alla provenienza geografica del prodotto o del servizio rientra fra gli impedimenti assoluti nel contesto di una molteplicità di normative in materia di marchi, tra cui l’articolo 7 del Regolamento 1001/2017 in vigore nell’ambito dell’Unione Europea. Una previsione analoga si ritrova anche negli Stati Uniti, precisamente con riferimento alla sezione 2 lettera a) del Lanham Act, ossia la Legge Marchi statunitense. Tale articolo sancisce, nello specifico, il divieto di registrazione per segni che possano suggerire una falsa connessione con persone, viventi o defunte, istituzioni, correnti di pensiero o simboli nazionali. Di conseguenza, l’autore della Letter of Protest intende rendere ben presente all’esaminatore, tramite l’invio del relativo materiale documentale, la possibilità che il grande pubblico, nel momento in cui si trovi dinanzi ad articoli di abbigliamento e/o accessori identificati dal marchio “TAYVIS” possa essere condotto ad immaginare una connessione – nella realtà non esistente – con la celebre coppia. Non è dato conoscere quale fosse la reale intenzione del Sig. Barrows al momento del deposito della domanda di marchio e se lo stesso abbia – o intenda in futuro – identificare i propri prodotti con un marchio che, per pura casualità corrisponde alla parola con cui i fan hanno battezzato la coppia. Tuttavia, il rischio di possibile sussistenza di una connessione non veritiera parrebbe essere sufficiente per il rifiuto della domanda.
Mentre si attende di conoscere l’opinione dell’esaminatore in merito, la vicenda porge un interessante spunto di riflessione, da un lato, sul tema del diritto alla privacy dei personaggi noti e, dall’altro, sulla relazione strettissima che lega il diritto industriale e della proprietà intellettuale con la realtà che ci circonda.