Spesso si dimentica che la tutela conferita dalla titolarità di un diritto di privativa registrato, come un marchio, è limitata in maniera precisa dai confini geografici. La decisione rispetto ai territori in cui tutelare i propri segni distintivi è, dunque, di grandissima importanza, tenendo in considerazione che, in un territorio dove gli stessi non risultano protetti, qualunque terzo potrà, in teoria, depositare o usare un segno identico per prodotti o servizi identici, senza possibilità che gli siano mosse contestazioni in maniera soddisfacente.
È da sottolineare che tale scenario si delinea in astratto, poiché, in realtà, i marchi cosiddetti “notori”, ossia quelli che godono di una certa “reputazione” presso il pubblico di riferimento, possono essere azionati dai titolari anche nei territori dove gli stessi non sono tutelati da registrazioni, sebbene le iniziative da porre in essere siano più lunghe, complesse e onerose.
Esemplare, in tal senso, è il caso di Starbucks e dei presunti punti vendita aperti in Venezuela alla fine del 2021. All’interno di un supermercato della catena Yeet, a Caracas, era, infatti, stata aperta una caffetteria che, oltre a mostrare l’iconico logo della sirena, indicava anche un riferimento a “We proudly serve Starbucks”. Tale slogan presentava un altissimo rischio di confusione con “We proudly serve Starbucks® Coffe”, un programma proposto dalla società, insieme al distributore unico Nestlé, per ampliare la diffusione dei prodotti a marchio Starbucks nel settore HORECA, non disponibile in Venezuela.
Nonostante la vicenda si sia conclusa a seguito tanto dell’invio di diffide da parte della multinazionale quanto delle dichiarazioni pubbliche del CEO di Yeet, che hanno confermato l’assenza di collegamento con la caffetteria venezuelana, è recente la notizia che Starbucks ha provveduto a depositare alcuni dei propri marchi dinanzi all’Ufficio Marchi del Paese latinoamericano, con rivendica di prodotti e servizi nelle classi 21, 30 e 43, al fine di rafforzarne la tutela.
