La tutela del diritto all’immagine di Totò: il verdetto del Tribunale di Torino

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Totò è un nome che identifica ben più che il solo attore Antonio De Curtis, riecheggiando nella memoria collettiva italiana come icona culturale simbolo della città di Napoli. Generazioni di italiani sono cresciute con le sue esilaranti interpretazioni, mentre altre lo hanno conosciuto attraverso i racconti di chi ha avuto il privilegio di vederlo in azione. Oggi, il mito di Totò si trasforma in un marchio registrato, oggetto di una battaglia legale condotta dagli eredi dell’attore.

Essi, infatti, hanno ottenuto tutela legale sia rispetto al nome sia con riferimento alla celebre poesia dal titolo “‘A livella”, la quale narra l’uguaglianza di tutti dinanzi alla morte. Una scelta derivante dalla volontà di impedirne l’uso non autorizzato e preservare l’integrità del patrimonio artistico dell’avo. Naturalmente, tale decisione ha scatenato un acceso dibattito tra i favorevoli alla necessità di tutelare i diritti d’autore e chi, invece, sostiene la direzione di preservazione dell’identità culturale. I primi ritengono tale iniziativa essenziale per salvaguardare l’eredità di Totò nei confronti di usi commerciali non autorizzati e, dunque, impropri. I secondi, invece, criticano tale posizione considerandola come una limitazione alla libertà di espressione e alla diffusione dell’opera. Essi temono che la tutela ricercata dagli eredi conduca ad una esagerata restrizione rispetto all’accesso alle opere di Totò da parte del pubblico, con la conseguenza che la rilevanza culturale nel contesto moderno sarebbe compromessa.  

Il clamore intorno al marchio “Totò” ruota principalmente attorno al suo potenziale economico. È chiaro che il nome dell’attore, amato da fan in tutto il mondo, possa diventare una fonte significativa di reddito. Proprio per tale ragione, la nipote Elena De Curtis ha sottolineato le ragioni della preoccupazione affermando che “troviamo il suo nome e le sue foto utilizzati ovunque, anche nei luoghi più inaspettati, senza alcun rispetto per il diritto all’immagine”. Al fine di evitare ciò, gli eredi hanno indirizzato lettere di diffida a una molteplicità di esercizi commerciali in diverse città italiane, i quali utilizzano segni come “Casa Totò”, “Totò e Peppino”, e “A Livella”, ma anche immagini, quadri e poesie di Totò “che tappezzano le pareti, riprodotte su tovagliette di carta, siti web, pagine social”.

Ci si domanda, dunque, il destino dei locali che utilizzano il nome di Totò senza autorizzazione degli eredi. Una via potrebbe essere quella già percorsa dei destinatari delle diffide, i quali hanno immediatamente provveduto a modificare insegne e nomi dei ristoranti, oltre a cambiare siti web, imballaggi per l’asporto, menù, biglietti da visita e scontrini. Se, invece, gli stessi non sono disposti a rinunciare ai segni che già propongono sul mercato, occorre che la situazione trovi una composizione tramite il versamento di royalties quale corrispettivo del diritto di utilizzazione economica delle privative di titolarità degli eredi.

Una delle vicende è stata posta all’attenzione del Tribunale di Torino. Una delle pizzerie, denominata “A casa di Totò”, ha sospeso tutte le attività legate al tentativo di registrare tale marchio per identificare sul mercato uno specifico formato di esercizi commerciali nel settore della ristorazione. Peraltro, il Tribunale ha imposto anche una sanzione di importo pari ad euro 200 per ciascuna violazione o inosservanza. Tuttavia, qualche eccezione pare poter essere localizzata. Proprio nelle ultime settimane, un ristoratore di Caselle ha ottenuto dai giudici del capoluogo piemontese una decisione che gli consente di mantenere la dicitura “Totò e Peppino” per la sua pizzeria sulla base di un autografo con dedica al locale donato nel 2015 da Liliana De Curtis, figlia del grande artista. Peraltro, tale circostanza trova riscontro anche nell’atteggiamento degli eredi poiché la medesima Elena De Curtis ha evidenziato che “Noi chiediamo solo una regolamentazione. Siamo disposti ad avviare, come abbiamo sempre fatto del resto, un’interlocuzione, in alcuni casi stiamo dando anche l’autorizzazione all’utilizzo. Quando non c’è malafede si trova un punto di incontro, un accordo. Siamo perfettamente consapevoli del fatto che affettuosamente parlando Totò è considerato di tutti, amato da tutti, ma questo non può pregiudicare la tutela”.

Dunque, con ordinanza n. 6790/2023, il Tribunale di Torino ha accolto l’azione proposta dagli eredi, parificando la disciplina della tutela del diritto al nome e quella del diritto all’immagine. Solamente in riferimento a quest’ultima, infatti, la legge sul diritto d’autore, ossia la legge n. 633/1941, all’articolo 97, prevede un libero utilizzo legato ad esigenze di notorietà o ufficio pubblico, necessità di giustizia o di polizia, di scopi scientifici, didattici o culturali o quando la riproduzione sia collegata ad eventi pubblici. In ogni caso, deve essere rispettata la condizione secondo cui l’esposizione o la messa in commercio non rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona ritratta.

Il Tribunale ha considerato significativo, al fine di determinare la violazione sia del diritto al nome sia del diritto all’immagine, lo scopo di perseguimento di fini unicamente commerciali e pubblicitari da parte del soggetto resistente. Inoltre, ha escluso la possibilità che tale utilizzo possa essere basato sul consenso precedentemente fornito dall’artista per l’uso della propria immagine in produzioni cinematografiche, dalle quali la stessa è stata estratta in un secondo momento. Ricorda infatti il Tribunale che l’utilizzazione delle immagini di una persona nota tratte da film, senza il consenso della persona stessa o degli aventi diritto, in un contesto diverso da quello proprio dell’opera cinematografica, è comunque illecita, venendo in rilievo non già lo sfruttamento dell’opera nella sua interezza, bensì l’utilizzazione ai fini pubblicitari e commerciali dei singoli fotogrammi, con conseguente esclusivo rilievo dell’immagine in sé dell’artista, a prescindere dall’eventuale e ulteriore tutela dei diritti di filmografia, non potendosi ritenere che il consenso espresso dall’artista rispetto all’utilizzazione della propria interpretazione nell’opera cinematografica si estenda anche allo sfruttamento dell’immagine per ulteriori finalità commerciali e/o pubblicitarie completamente avulse dal contesto nel quale le riproduzioni sono state eseguite”.

In conclusione il verdetto del Tribunale di Torino rappresenta un importante precedente nella tutela del diritto all’immagine che potrà trovare – potenzialmente – applicazione in un ventaglio di casi relativi alla tutela di altri artisti. La decisione evidenzia l’importanza di valutare attentamente l’utilizzo dell’immagine di una persona, il quale è divenuto, ormai in tempi non più recenti, diritto fondamentale dell’individuo.

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