Le invenzioni frutto dell’attività inventiva di un lavoratore dipendente nell’esecuzione di un contratto, ove sia prevista specifica remunerazione, sono disciplinate dall’art. 64, comma 1 del Codice della Proprietà Industriale. Il fatto che l’attività inventiva e la relativa remunerazione siano già previste all’interno del rapporto di lavoro conduce, nel caso l’azienda decida di brevettare l’invenzione di un dipendente, al fatto che quest’ultimo sia riconosciuto come inventore, ma la titolarità della domanda (e, quindi, del brevetto, una volta concesso) spetti al datore di lavoro.
In situazioni differenti da quella di cui sopra, il dipendente potrebbe, invece, avere il diritto di ricevere un “equo premio”, ossia un compenso che viene riconosciuto al lavoratore di un’impresa per aver inventato una tecnologia brevettabile o, eventualmente, mantenuta segreta. Per determinare l’importo dell’equo premio spettante al dipendente lavoratore (autore) di un’invenzione si tiene conto di:
- i) importanza dell’invenzione;
- ii) attività lavorativa svolta dal dipendente e remunerazione per la stessa;
- iii) misura del contributo offerto dal lavoratore;
- iv) misura del contributo generato dall’impresa.
Affinché il lavoratore possa venire riconosciuto come autore di un’invenzione e, di conseguenza, rivendicarne il diritto morale ed il diritto all’equo premio, è necessario che, dopo essersi accertato di aver inventato qualcosa di nuovo, informi in maniera ufficiale l’azienda e presenti una descrizione tecnica e dettagliata avente ad oggetto il frutto della propria attività inventiva.