Marchio “MONASTERY” per cosmetici: EUIPO rovescia la descrittività e ne permette la registrazione

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A gennaio 2024, la Società statunitense Ellen and Reiko Inc., il cui core business risiede nella produzione e commercializzazione di cosmetici, ha designato l’Unione europea nell’ambito della propria registrazione di marchio internazionale n. 1795126 per il segno verbale “MONASTERY”. Questa registrazione rivendicava un’ampia gamma di prodotti e servizi nelle classi 3, 18, 21, 24, 35 e 44, inclusi articoli di cosmesi, di profumeria, di pelletteria, asciugamani, accessori per capelli, servizi di vendita al dettaglio e servizi concernenti il benessere e la cura della persona.

L’EUIPO ha, quindi, all’esito dell’esame della designazione citata, emesso un rifiuto parziale provvisorio ai sensi degli articoli 7, paragrafo 1, lettera b) e 7, paragrafo 1, lettera c) del Regolamento (UE) 2017/1001, rilevando come il termine “MONASTERY” fosse descrittivo e privo di carattere distintivo in relazione ai prodotti e ai servizi rivendicati, ad eccezione dei «pennelli cosmetici; spatole cosmetiche; spazzole elettriche per la pulizia del viso» in classe 21.

L’Esaminatore ha osservato, sul punto, che i consumatori avrebbero percepito i prodotti e i servizi contrassegnati dal marchio come offerti o resi da o in un monastero, aggiungendo che la parola “MONASTERY” è di uso comune nella commercializzazione di tale genere di prodotti e servizi. L’Esaminatore ha presentato, al fine di convalidare il proprio assunto, screenshot di siti web relativi a prodotti cosmetici, borse, pettini e asciugamani provenienti da monasteri ed ex monasteri riqualificati in hotel, in centri termali o in strutture comunque preposte alla cura della persona.

La richiedente ha contestato tale lettura, eccependo che il nesso sarebbe tutt’altro che diretto, diversamente da quanto prospettato dall’Esaminatore, ma implicherebbe, all’opposto, molteplici passaggi mentali. La Società statunitense ha, del pari, contestato l’adeguatezza dell’iter argomentativo seguito dall’Esaminatore, oltreché degli elementi probatori posti a fondamento, giacché gli screenshot non potevano essere reputati idonei a dimostrare che il consumatore di riferimento dell’Unione Europea avrebbe percepito il segno “MONASTERY” come non distintivo e meramente descrittivo dei prodotti e dei servizi rivendicati.

Ciononostante, ferme le obiezioni sollevate, l’Esaminatore ha precisato che «l’Ufficio non ha alcun obbligo di fornire esempi concreti dell’uso di “MONASTERY” in relazione a particolari prodotti e servizi». Di qui, il ricorso proposto dalla richiedente avanti alla Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO, che ha annullato la decisione, reputando che la parola “MONASTERY” non fosse né descrittiva né priva di carattere distintivo in relazione ai prodotti e ai servizi contrassegnati e affermando l’insussistenza di un’associazione diretta e immediata operata dal consumatore europeo, pur riconoscendo il ruolo storico dei monasteri nella produzione di determinati prodotti, quali alimenti, bevande, oggetti artigianali o articoli religiosi, ma negando, altresì, l’estensione di tale conoscenza comune ai cosmetici, alle terme e alla più ampia gamma dei prodotti e dei servizi contestati.

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